Dal multitasking all’armonia interiore: un nuovo sguardo sull’autoefficacia al femminile

Dal multitasking all’armonia interiore: un nuovo sguardo sull’autoefficacia al femminile

Le donne spesso percepiscono il multitasking come una risorsa per poter vivere molte vite contemporaneamente, a dispetto dello scarso tempo a disposizione.

Ma siamo sicure che sia l’unico modo?

Per poter riscoprire il giusto equilibrio tra efficienza e coerenza con il proprio progetto di realizzazione possono esserci anche altre strade.

Genitori con il cuore

Qualche settimana fa sul Corriere della Sera è uscito un articolo di Paola Pica e Alessia Rastelli dal’eloquente titolo “Comprare il tempo per noi” . Il tema riguarda soprattutto le donne, spesso condizionate da un’ideologia del multitasking, inteso come spinta all’essere iper-efficienti contemporaneamente nei diversi settori della vita (casa, lavoro, benessere personale, salute, amici ecc..)

Quando si parla di gestione del tempo, noi formatori facciamo solitamente riferimento alla matrice di Eisenhower, che permette la gestione delle priorità attraverso la valutazione delle attività secondo 4 criteri per massimizzarne l’efficacia.

In realtà “Ciò che è importante raramente è urgente e ciò che è urgente raramente è importante”.

S. Covey, nel suo testo “Le 7 regole per avere successo” va oltre il modello di Eisenhower e ci parla di cambio di paradigma, mettendo in relazione l’efficacia dell’agire con la nostra sfera di influenza (più si amplia la sfera di influenza meno energie dobbiamo mettere per essere efficaci), ma ci porta anche su un piano di consapevolezza, riconducendoci alla nostra personalissima visione della vita.

Il passaggio è dunque spostarsi dall’efficienza all’autoefficacia e chiedersi cosa è veramente efficace per noi.

Per compiere questo passaggio dobbiamo, però, essere disposte a metterci al centro e ad osservare il mondo con un po’ di distacco, per cogliere con oggettività la linea di intenzione e azione.

E chiederci sempre dove stiamo andando e cosa ci spinge.

«Comprare tempo favorisce la felicità» è pure il titolo di uno studio congiunto di varie università internazionali (Harvard negli Stati Uniti, British Columbia in Canada, Maastricht e Vrije nei Paesi Bassi).

Ma siamo davvero sicuri che il multitasking sia una risorsa?

Il multitasking rischia di occupare spazi, invece di crearne di nuovi, soprattutto se abbinato ad un uso poco consapevole della tecnologia.

Certamente la tecnologia ha negli ultimi anni accelerato i meccanismi di apprendimento e di crescita in numerosi settori del sapere e la sua valenza -di per sé neutra – diventa positiva se legata ad un uso consapevole del tempo.

Se però il sapere e il saper fare prevalgono sul saper essere, tutto il tempo che liberiamo rischiamo di trascorrerlo in uno stato di limbo del sentire, occupato da una iper-connessione esterna che in realtà non fa che disconneterci da noi stessi.

Come riportano le due giornaliste del Corriere, <<nel saggio “Accelerazione e alienazione “(Einaudi, 2015), il sociologo e politologo tedesco Hartmut Rosa sostiene che, per rispondere alla domanda su cosa sia oggi una «vita buona», serva analizzare le «strutture temporali». La sua idea è che la nostra epoca sia caratterizzata dall’accelerazione, la quale — nei suoi diversi aspetti: tecnologico, dei mutamenti sociali, del ritmo di vita — è una forza totalitaria che riguarda tutti e che genera sofferenza, allontanando l’uomo da se stesso.>>.

Proviamo allora a girare la telecamera verso di noi e a osservarci, nella prospettiva del nostro cammino evolutivo.

Per gli antichi celti, come per altre culture precristiane, l’archetipo del femminile era diviso in tre età o stadi the Maiden (La Fanciulla), the Mother (la Madre) e the Crone ( la Donna saggia)

Questi tre passaggi non sono (solo) legati all’età anagrafica, ma all’età evolutiva e vanno necessariamente affrontati in progressione. Non si passa ad uno stadio successivo se non si è metabolizzato quello precedente.

Nella prima età, quella della Fanciulla, fantasia gioco e innocenza sono le qualità che spiccano. E’ l’età della luna crescente, della formazione, dell’attenzione rivolta a sé, come anche l’età in cui nascono i maggiori condizionamenti. E’un’età delicata in cui tutto è possibile. Il fiore si schiude alla vita.

Nella seconda età, quella della Madre, la spinta creativa della donna raggiunge l’apice: la fertilità è una propulsione generativa che non va necessariamente indirizzata sui figli. E’ la fase del frutto e della Luna piena.

Non occorre avere figli biologici per rappresentare la pienezza, l’abbondanza e la realizzazione che questa fase porta con sé. La donna, canale di vita, rivolge la sua potenza generativa all’esterno, fertilizzando il mondo, appunto.

Nella terza fase, quella della donna saggia, si entra nel periodo della Luna calante, legato alla cessazione del ciclo mestruale. L’attenzione rivolta all’esterno ritorna all’interno. Le energie non sono più disperse con il ciclo ma possono essere reindirizzate alla propria crescita umana e spirituale. La donna ritorna al centro e può dedicarsi a condividere l’esperienza e la sapienza acquisita con la sua comunità di riferimento.

Attraversare queste tre fasi con consapevolezza ci può portare a non essere schiave del multitasking, ma ad eliminare condizionamenti esterni e sovrastrutture che non ci servono più, per riposizionarci al centro e dirigere le energie nella direzione più efficace per noi e per la nostra armonia interiore.

Il passaggio più difficile è dunque quello di saper stare, in equilibrio tra spinte esterne e moti dell’animo, per trovare, in ogni fase del cammino, il giusto passo e il giusto respiro.

Photo by Sonika Agarwal on Unsplash