
Sbagliando s’impara
Coltivare la cultura dell’errore può essere anche un modo per generare innovazione in azienda.

Immaginiamo che possa esistere un vaccino che ci metta al riparo da ogni tipo di fallimento. La nostra vita potrebbe procedere esattamente secondo i nostri piani, senza alcuna preoccupazione, senza intoppi e regalandoci esattamente ciò che avevamo desiderato.
C’è qualcuno che non lo prenderebbe? Credo nessuno. Nessuno di noi è immune al fallimento e tutti temiamo di provare quella terribile sensazione alla bocca dello stomaco, quel peso che ci fa sentire come se tutto fosse andato irrimediabilmente in rovina.
In realtà la vita è un processo, non un risultato. Dall’analisi dei nostri fallimenti possiamo trarre esperienze utili alla nostra crescita e comprendere profondamente le ragioni che ci hanno portato a fallire, se teniamo a mente che stiamo giocando al gioco della vita e che il fallimento è un modo per aggiustare il tiro.
Posso aver fatto un semplice errore, dovuto a distrazione o a sottovalutazione di un problema, oppure ricadere frequentemente in un mio punto debole, dovuto ad altri fattori, da correggere ab origine, oppure trovarmi di fronte a qualcosa di inaspettato, che mi rivela un aspetto sconosciuto di me. In ciascuno di questi casi, quel che conta è il processo di consapevolezza, il saper stare nel presente ad osservare quel che accade, accogliendolo senza giudizio. Solo in questo modo potrò rendere i miei fallimenti una palestra di vita.
Gli errori esistono, sono onnipresenti e non possono essere completamente evitati. Le scienze dimostrano, infatti, che l’apparato cognitivo degli esseri umani agisce per elaborazione euristica soggetta ad errori e non per elaborazione algoritmica, potenzialmente senza errori.
Nelle organizzazioni, saper fallire vuol dire adottare non una cultura dell’errore in quanto tale, bensì una cultura dell’analisi dell’errore. Il fallimento è parte integrante del rischio di qualunque azione, ma allo stesso tempo la sua piena comprensione è compito fondante dell’organizzazione.
Ma gli errori portano solo al fallimento?
La storia del business è piena di errori che si sono rilevati innovazioni vincenti.
E’ il caso del Post-it, celebre foglietto adesivo indispensabile in ogni ufficio, o della Coca-cola, scoperta per caso da John Pemberton, un farmacista statunitense che, stava sperimentando un farmaco per curare il mal di testa.
Sviluppare una cultura dell’errore all’interno delle organizzazioni significa, quindi, saper stimolare l’innovazione. Per promuoverla occorrono tre ingredienti principali:
1. RESPONSABILITÁ: il termine deriva dal latino respònsus (impegnarsi a rispondere a qualcuno o a se stessi) e abilitas ovvero competenza, abilità. Solo nei contesti in cui ciascuno si prende la sua parte di responsabilità, l’organizzazione sarà abile a rispondere alle sfide del mercato.
2. SICUREZZA PSICOLOGICA: accettare che la vulnerabilità fa parte del corredo dell’essere umano consente di promuovere un clima di sicurezza psicologica che si concretizza in interazioni aperte e di fiducia, in cui chi lavora dovrebbero sentirsi più liberi nell’assumersi il rischio di proporre una nuova idea rispetto ad un ambiente in cui farlo potrebbe portare conseguenze negative. (Il tema della Psychological Safety è stato recentemente trattato da Daniela Fabbri nell’articolo Rischiare fa bene al team, pubblicato su D-La repubblica delle Donne n.1124/2019, p. 101).
3. LEADERSHIP GENERATIVA: La visione del Leader di oggi non può più essere confermativa del passato, ma deve necessariamente spostarsi verso il futuro, uscendo dalla logica di pensiero ego-centrata, per entrare in uno stato di consapevolezza eco-sistemica che consenta di portarsi al passo con la realtà del nostro mondo globalmente interconnesso. Diventa allora fondamentale dotarsi di strumenti di crescita personale che consentano al leader di attivare un nuovo paradigma di pensiero, con l’obiettivo di creare fiducia nel team e intercettare e tradurre in innovazione la spinta creativa del gruppo, di cui fa anch’egli parte.
Per tradurre in comportamenti la cultura dell’errore è importante, però, scardinare quel sistema di credenze per cui è inevitabile un’azione valutativa top-down all’interno delle aziende (chi è in fondo alla catena gerarchica non può permettersi errori, mentre chi sta ai livelli superiori verrà valutato secondo parametri ai più imperscrutabili) e promuovere, invece comportamenti virtuosi, quali il feedback da parte dei dipendenti; vanno avviati, inoltre, processi di “alfabetizzazione emotiva” che consentano una gestione cooperativa dei conflitti; va lasciato spazio alla libera condivisione delle idee secondo i principi del brainstorming creativo, ma soprattutto va alimentato un clima di fiducia che consenta di superare la paura di parlare dell’errore, così promuovendo trasparenza e apprendimento.
Del resto, anche il grande Gianni Rodari, ne La Grammatica della fantasia ci ricorda che “Da un lapsus può nascere una storia, non è una novità. Se, battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere «Lamponia» per «Lapponia», ecco scoperto un nuovo paese profumato e boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle mappe del possibile con l’apposita gomma; meglio esplorarlo, da turisti della fantasia”.