Essere intelligenti ed essere bravi a scuola non significa necessariamente saper pensare bene e in maniera autonoma. Questa è un’arte che la scuola spesso si dimentica di insegnare, fornendo una gran massa di pensieri già pensati da altri.
Quali strumenti possiamo utilizzare per facilitare l’apprendimento, lavorando sull’interiorità e la consapevolezza degli studenti?

Sempre più scuole in Italia e nel mondo stanno introducendo la meditazione e lo Yoga tra i banchi, con effetti benefici sia per gli studenti che per gli insegnanti. E’ un modo per sperimentare nuovi modelli educativi, che valorizzano l’integrazione tra cuore e cervello e attivano negli studenti emozioni, intuizione, immaginazione, come strumento per facilitare le funzioni cognitive e per agevolare l’apprendimento. I bambini e i ragazzi imparano meglio, hanno voti più alti, sono più concentrati e tranquilli, ma soprattutto sono più sereni nella relazione con gli altri.
A scuola il pensiero viene sempre messo al centro, ma non può essere un pensiero avulso dalla realtà, deve poter confluire con le emozioni, con le esperienze personali, con le aspirazioni.
Stefano Viviani, insegnante di scuole medie e counselor psicosintetico, nel libro “Intelligenza In-attesa” Interiorità e meditazione a scuola ci racconta la sua esperienza di lavoro in classe, grazie all’utilizzo di tecniche introspettive e di meditazione: l’apprendimento profondo coinvolge anche il cuore, mentre l’apprendimento di testa resta in superficie.
Molte scuole hanno sperimentato anche percorsi di Mindfulness, proposti dagli stessi insegnanti opportunamente formati. Secondo la definizione “classica” quella di Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri di questo approccio. “Mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare:
a) con intenzione,
b) al momento presente,
c) in modo non giudicante”
Mindfulness, vuol dire consapevolezza di quel che si sta vivendo, senza proiezioni sul futuro o ripiegamenti nel passato.
E’ lo stato di stare nel presente, che può essere facilitato attraverso pratiche di consapevolezza del corpo e del respiro.
Sin dalla scuola dell’infanzia è possibile far accedere i bambini alla possibilità di stare con sé stessi, in uno spazio in cui possono ascoltarsi e ascoltare, anche attraverso la pratica dell’ Hatha yoga.
Ho avuto il privilegio di poter insegnare yoga ai bambini di 4 e 5 anni ed è stata un’esperienza rigenerante, soprattutto per me.
Insegnare ai bambini a praticare pochi minuti di silenzio, a seguire il flusso del respiro, a restare concentrati a guardare la fiamma di una candela, apre una porta importante sulla loro interiorità e li porta immediatamente a percepire uno stato di calma, che diventa una risorsa attivabile al bisogno.
I bambini imparano molto velocemente che possono calmarsi da soli, se percepiscono qualcosa che li agita.
E quindi, attraverso il gioco , apprendono come riconoscere meglio i segnali del corpo, a collegare alcune emozioni (come la rabbia o la paura) e ad agirle simbolicamente attraverso le asana (posizioni yoga).
Per esempio, se sento che sono arrabbiato, posso dare spazio alla rabbia attraverso la posizione del “leone”, se ho paura e ho bisogno di calmarmi posso raggomitolarmi della posizione del “bambino”…e così via…
Imparare a veicolare le emozioni in un contesto di non-giudizio dove possono più facilmente, essere gestite e trasformate in risorse, è una forma di apprendimento.
I ragazzi più grandi, invece si abituano ad aprirsi all’insegnante e agli altri, per parlare di sé in un clima di fiducia e ascolto che è una base solida su cui costruire l’apprendimento nozionistico.
Stefano Viviani, nella sua esperienza alle scuole medie, racconta che dopo aver creato questo tessuto di fiducia (che dura anche diverse lezioni), di riconoscimento di sé stessi e degli altri, di empatia , diventa molto più semplice far passare i contenuti che i ragazzi accolgono con entusiasmo, perché a monte, sentono di essere stati accettati come persone.
Già soltanto il fatto di costruire uno spazio in cui potersi esprimere su sé stessi e sul mondo, crea un cambiamento. I ragazzi intuiscono immediatamente l’importanza dell’occasione loro offerta e e la colgono con grande entusiasmo. E i risultati anche in termini scolastici arrivano: maggior rendimento, migliori relazioni, riduzione drastica di comportamenti negativi.
Per ulteriori approfondimenti sul tema, vi invito all’Aperitivo letterario del 9 maggio 2018, h. 19.30 presso Cafè Bamboo, Via Marcona 6, Milano, dove sentiremo anche la testimonianza di un’insegnante che ha sperimentato la Mindfulness in una Scuola Primaria di Milano.
E’ infatti importante che l’insegnante accolga l’impegno di lavorare prima di tutto su sé stesso, investendo anche sulla propria crescita umana, psicologica e spirituale.Come si possono guidare gli altri se si è ciechi?
Purtroppo invece questo punto è spesso completamente ignorato dalla visione pedagogica classica, dove all’insegnante è richiesto essenzialmente di “sapere” o nei casi più fortunati di “saper insegnare”, non certo di “saper essere”.
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