Qualunque trasformazione nasce da un cambio di visuale.

E il cambio di visuale nasce dalla libertà di vedere.

La libertà va esercitata, però, perché gli occhi spesso hanno una visuale limitata.

Se impari a guardare dentro di te senza limiti, vedrai ciò che già conosci.

Per volare alla velocità del pensiero in qualunque luogo, tu devi persuaderti che sei già arrivato (R. Bach, Il Gabbiano Jonathan Livingstone).

Il cambio di paradigma

 

Dopo aver riconosciuto con l’aiuto di Hillman la chiamata, il dharma, la missione che ci spinge a realizzare appieno il nostro scopo e aver appreso da Buber le sei tappe che ci conducono lungo il cammino che ci porterà a ritornare a noi stessi, il passo più difficile è quello di trasformare l’intenzione in realtà.

Il Gabbiano Jonathan Livingstone e un libro semplice, spesso banalizzato, ma proprio per questo utile a riportarci al tema della trasformazione, come momento di riposizionamento rispetto ai nostri obiettivi interiori.

Per vederci nella realizzazione dei nostri obiettivi, la pratica yoga suggerisce esercizi di concentrazione, che ci consentano di immaginarci nella condizione di averli già raggiunti.

Anche la psicosintesi ci spiega come, attraverso le visualizzazioni, possiamo attingere al nostro inconscio superiore per veicolare energie positive sul tema della nostra

realizzazione e, così, già iniziare a renderla vera.

Ma torniamo al nostro testo.

La storia del Gabbiano che voleva volare come un falco

Jonathan vive insieme ad altri gabbiani dello Stormo Buonapettito, il cui scopo principale è quello di volare per procurarsi il cibo.

La sua natura lo porta ad andare oltre le rigide norme dello Stormo, per cercare di imparare come volare oltre il limite impostogli dalla condizione di gabbiano.

E così cerca in ogni modo di esercitarsi per cercare di volare più in alto e più velocemente possibile, come un falco.

Il volo per Jonathan diventa una religione che lui persegue con fatica, perizia e intelligenza perché solo attingendo a quella aspirazione trova la sua ragione di esistere.

A volte è preso dallo scoramento e pensa che sarebbe meglio comportarsi come un gabbiano qualsiasi, senza dar retta al demone che lo istiga ad imparare cose nuove. Ma proprio in quei momenti il demone si fa più esigente e lo spinge ancor più a superare sé stesso.

"E fu cosi che una mattina, poco dopo il calar del sole Jonathan passò come una saetta nel bel mezzo dello Stormo Buon appetito, a duecento e dodici miglia orarie, a occhi chiusi, proiettile pennuto e sibilante. Il Gabbiano della fortuna gli fu benigno quella volta. Non ci furono morti."

Il gabbiano Jonathan è dunque convinto di aver compiuto una grande impresa e di aver diritto a tutti gli onori dello Stormo per aver loro offerto una visione nuova, che si eleva sugli automatismi del vivere per mangiare. Ma dovrà fare i conti con l'oscurantismo dello Stormo che lo allontana.

La chiamata

Qual è il percorso che affronta Jonathan?

Comprende innanzitutto che la sua natura è più forte. La sua vocazione lo chiama ad alzare lo sguardo più in alto della massa dei gabbiani.

E lui non può fare a meno di ascoltarla, anche se sa che deve pagare un prezzo altissimo, quello di essere considerato un reietto.

La solitudine non lo spaventa. Sembra quasi desiderarla come momento di pace, per poter scendere al fondo di sé e delle sue paure e poter così risalire alle più alte vette.

Jonathan capisce che per superare sé stesso deve prima di tutto spogliarsi di tutti quegli abiti mentali che lo schiacciano a terra. Deve cioè attuare un processo di disidentificazione dalle emozioni che non lo rappresentano (come la paura di non essere un gabbiano “normale”) e che sottraggono energie alla sua missione per concentrarsi sullo sforzo di perfezionare sé stesso.

Vedete come Jonathan si proietta in alto prima con il sogno e, poi, con la perizia del volo.

Il libro, scritto da un aviatore americano è ricchissimo di descrizioni di prove di volo fallite che consentono al nostro Gabbiano di superare i confini del suo limitato mondo, con una volontà buona, sapiente e disinteressata che agisce, con umiltà, perché non può fare altro.

L’umiltà è il sentimento umano per eccellenza, quello che ci consente di essere consapevoli del nostro limite.

Ma non esiste sforzo per diventare ciò che siamo, se siamo già noi stessi.

Lo sforzo è quello con cui pervicacemente ci allontaniamo dal nostro vero sé, per identificarci con le aspettative altrui.

Ma riprendiamo la nostra storia.

Una sera si affiancano a Jonathan due gabbiani, candidi come la luna e gli chiedono di seguirlo ancora più in alto per riportarlo a casa.

Jonathan si trova in un altro mondo che, inizialmente, scambia per il Paradiso.

Lì i gabbiani sono pochi e comunicano tra loro telepaticamente.

Sono tutti orientati ad apprendere nuove tecniche di volo e a perseguirle, ricercando la perfezione.I gabbiani sanno che la capacità di evolvere e solo nelle loro mani.

 

Momenti anima

Il Gabbiano Anziano spiega a Jonathan che il Paradiso non è un luogo e neanche un tempo. È cimentarsi con la perfezione.

Il che non vuol dire volare alla velocità della luce, ma aprirsi al linguaggio dell'anima.

Il cuore e la sede della nostra anima.

Dobbiamo attingere alla spiritualità nel quotidiano, preservando i momenti anima, cioè quelli

in cui l'anima si manifesta da sé.

L'anima è occasione di incontro tra "io" e "tu". È il punto di incontro tra sé e gli altri.

L'anima ha bisogno di intimità.

"Se vuoi trovare il sé o l'anima devi andare a trovarli a casa sua".

R. Assagioli

Curare l'anima nel quotidiano significa dunque manifestare i momenti anima o raccogliere quelli manifestati da altri.

Il gabbiano Anziano da istruzioni a Jonathan prima di volare verso un mondo superiore e lo incita a rimanere consapevole di sé. Funziona sempre quando sai quel che fai.

Prima di andarsene, lascia a Jonathan un testamento spirituale: gli dice “tu seguita ad istruiti sull'amore”.

Per Jonathan si fa dunque strada la consapevolezza che l'unico modo che ha per donare l'amore è rendere partecipe della verità da lui appresa qualche altro gabbiano che aneli a quella verità.

Non potendo fare a meno di pensare che forse ci sono sulla Terra anche solo due o tre gabbiani che hanno desiderio di conoscere le arti del volo, Jonathan decide di tornare nel suo mondo per istruire i giovani gabbiani.

E così fa ritorno allo Stormo originario dove gli anziani impongono a tutti di ignorare la presenza di Jonathan e dei suoi discepoli.

Ma Jonathan continua a predicare. Parla di cose molto semplici.

Dice che è giusto che un gabbiano voli, essendo nato per la libertà e che è suo dovere lasciar perdere tutto ciò che intralcia, superstizioni, antiche abitudini o qualsiasi altra forma di schiavitù.

E cosi i gabbiani uno ad uno imparano a volare, non perché siano dotati di poteri divini, ma solo perché hanno compreso ciò che veramente sono e cominciano ad adeguarsi a sé stessi.

 

Aperitivo letterario 10 giugno 2015

Note a margine di Bach, Il Gabbiano Jonathan Livingston,

presso Caffè Bamboo, Via Marcona 6 Milano

Foto: Foto gentilmente concessa da Adriana Baldi