Praticare la consapevolezza vuol dire stare nel presente, attivando qualità di fiducia, di accettazione e di coraggio che sono indispensabili per affrontare la vita.
E non è così difficile. Basta imparare a respirare.

La nostra abitudine a pensare per pensare – osserva Kabat Zinn, il fondatore della Mindfulness – ha, tra le varie conseguenze, quella di espellere dalla mente alcune qualità, in primis, la consapevolezza. E dunque i pensieri spazzano via proprio quel fattore esterno capace di farci osservare dal di fuori e consentirci di comprendere che i pensieri sono solo pensieri e che abbiamo sempre la possibilità di non lasciarci travolgere. Ma la consapevolezza si esercita con la pratica. La pratica meditativa profonda non è la ricerca di un’esperienza speciale, ma un atteggiamento nei confronti della vita. Ogni nostra attività può diventare un piccolo risveglio. La pratica di consapevolezza è allora la coltivazione della volontà di incontrare qualunque cosa emerga di momento in momento, con totale presenza e cuore aperto. A questo proprosito Kabat Zinn ci suggerisce, inanzitutto, di prendere contatto con i sensi per renderci conto di ciò che possiamo percepire del mondo esterno.
Abitare le condizioni presenti significa essere unificati e vivi. Volgere l’attenzione al respiro è, per esempio, un’attività che ci radica del presente. Questo non è solo un fatto tecnico. E’ di più. Se impariamo a stare con il respiro così com’è, costruiamo una base di fiducia e accettazione per poter stare con gli eventi, così come sono. Più questo ritmo corpo-mente è semplice, più aiutiamo la consapevolezza ad emergere. Quando invece ci agitiamo, ci allontaniamo dalla consapevolezza. Ogni istante, però, abbiamo l’opportunità di tornarvi, deponendo il giudizio: tornare al respiro come se fosse la prima volta ci consente di osservare con l’innocenza del principiante anche il nostro rammarico e, da qui, riflettere sul nostro corpo e sulla nostra mente con un atteggiamento equanime e compassionevole.
La meditazione costituisce una delle più conosciute pratiche di consapevolezza e richiede soprattutto una qualità di coraggio, il coraggio di stare con quel che c’è.
Il nostro spazio del cuore potenzialmente assai vasto non può che restringersi e contrarsi, se pensiamo tanto e ci preoccupiamo troppo per il futuro. La nostra anima vuole connessione e il continuo chiacchiericcio interiore allontana dalla connessione con sé stessi. Ma il sentimento di base dell’anima è anche la fiducia sulla quale si può fondare una vita attiva, dedita al bene e alla giustizia, ma soprattutto nutrire pensieri-seme che generino un ambiente fiducioso intorno a noi.
La fede è la base del nostro lavoro interiore, poiché senza di essa noi non saremmo in grado di continuare nel nostro dubbio e nel nostro sforzo. Per dirla con le parole di Munindo, “la fede è una fragranza del cuore”.