TRASFORMARE I BUONI PROPOSITI IN AZIONI – Step 5

TRASFORMARE I BUONI PROPOSITI IN AZIONI – Step 5

Quando ci troviamo a dover affrontare un #cambiamento, il momento più complicato è quello in cui, dopo la comprensione di ciò che vogliamo trasformare, dobbiamo – necessariamente – concretizzare l’azione.

Genitori con il cuore
#Il lavoro necessario a trasformare i buoni propositi in #azioni richiede innumerevoli prove: occorre iniziare piano piano e, procedendo per piccoli passi, trasformare le idee in prototipi e migliorare, aggiustare, aggiungere e togliere, finché il risultato finale non ci soddisfa appieno.
Per farlo, dobbiamo attingere ad una facoltà, di cui tutti siamo dotati, che la #Psicosintesi denomina #Volontà e che possiamo tradurre come “il potere di autogovernarsi”. Ed è il driver che può aiutarci a surfare sulle onde del cambiamento con relativa leggerezza e senza troppa resistenza.
La volontà psicosintetica non è una volontà di autoforzatura, di coercizione a seguire una precisa direzione; anzi è un potere complesso che implica la capacità di autodeterminarsi, ma anche di lasciare andare ciò che non serve. Angela Maria La Sala Batà la definisce “la forza propulsiva che muove il sistema della consapevolezza”.
Io la immagino come una immensa forza d’amore, “l’amor che move il sole e le altre stelle” – per dirla con il Sommo Poeta #DanteAlighieri – un’esperienza diretta, una rivelazione improvvisa di una forza che forse non credevamo di avere, un potere di scelta, una guida forte e decisa che ci dà la direzione per la nostra realizzazione. Quando entriamo in contatto con la volontà sperimentiamo senza tentennamenti i suoi aspetti fondanti: forza, saggezza e bontà.
La sua forza è una energia che viene da dentro, che va sperimentata, ma che non deve essere dimostrata. Esiste. È.
Quindi, per prima cosa dobbiamo riconoscere di avere una volontà e poi di essere una volontà. Infine, dobbiamo allenarci ad esercitarla, poiché l’aspetto della forza non è l’unico.
La sua saggezza implica la capacità di guardare al futuro con una visione intelligente, emotivamente e spiritualmente intelligente. Possiamo dire che la volontà sapiente mette le giuste energie nella direzione di autorealizzazione (senza dispersioni inutili) e guarda al futuro con la certezza che il passo preciso che stiamo affrontando è esattamente quello che ci serve per #evolvere.
E infine la bontà – intesa come quella attitudine al bene nostro e del contesto in cui operiamo – deve caratterizzare l’espressione della volontà.
La volontà forte, sapiente e buona è il timone che ci consente di dirigere la nostra nave verso una direzione chiara e di facilitare l’orientamento delle vele per arrivare a destinazione.
Non è però da intendersi come un’attitudine contemplativa: va praticata e allenata continuamente.
C’è sempre un momento preciso in cui le mie clienti si trovano davanti alla “svolta” che consente loro di prendere veramente in mano il percorso e iniziare a guidare il viaggio del ritorno a sé, del ritorno alla propria casa interiore.
Nel nostro libro THE HEALING HOME – LA CASA CHE CURA scritto con Silvana Citterio e pubblicato con Eifis Editore  al capitolo 5, potrete leggere come, nel percorso con Silvana, quel momento di passaggio è coinciso con un particolare esercizio fatto insieme.
Quando all’inizio del nostro viaggio le chiesi di rappresentare sé stessa, Lei disegnò su un foglio una bambina ed una donna. Lo fece dividendo il foglio in due e mettendo le due figure nelle parti opposte dello stesso.
Quando finalmente mi resi conto che stava risalendo e recuperando la visione dal punto di vista del centro di Sé, di quell’osservatore esterno che stava prendendo in mano il timone della sua vita, le chiesi di riprendere quel disegno, di osservarlo e di sentire che cosa le suggeriva. E lei fece un gesto molto semplice, ma altamente significativo: cancellò la barriera che univa la parte donna e la parte bambina e collegò le due immagini di sé, senza soluzione di continuità. Allungò la mano della donna, affinché potesse prendere per mano la bambina. Quell’atto, quel gesto attivo rappresentato dalla modifica del suo disegno coincise esattamente con il momento in cui iniziò il processo di trasformazione.
È la volontà a guidare il nostro processo di sintesi, quel processo che ci consente di accettare le varie facce che compongono il nostro caleidoscopio, per integrarle in una prospettiva unitaria, autentica e centrata.
Nel nostro libro, Silvana ed io spieghiamo come fare ad attivare questa forza trasformativa, attraverso il benefico potere della nostra casa che, lo abbiamo detto nelle puntate precedenti, è un simbolo vivo della nostra interiorità.
Cominciare a fare questo lavoro sulla propria #casa con gli spazi e con i colori è un esercizio molto potente che ci dimostrerà, praticamente, quale potere di autoguarigione ciascuno abbia in sé e come possa essere messo a frutto in diversi ambiti della nostra vita.

RITORNO AL FUTURO – Step 4

RITORNO AL FUTURO – Step 4

Quanti di noi hanno sentito intimamente una chiamata verso una vita diversa o quantomeno verso l’espressione di parti di sé rimaste a lungo sopite, represse o, peggio, rimosse?

Genitori con il cuore

Nella fiaba di H. C. Andersen Il brutto anatroccolo, il povero pennuto capita in una famiglia di anatre e passa gran parte della vita a pensare di essere inadeguato: è sproporzionato, con le zampe troppo lunghe, la testa grossa, il piumaggio scuro e arruffato. È costretto, quindi, a vagabondare, ripudiato, finché non scopre la sua vera natura. Quando il brutto anatroccolo riconosce finalmente di essere un bellissimo cigno, smette di colpevolizzarsi, per non essere all’altezza delle aspettative delle anatre e, finalmente, può dispiegare il suo vero Sé in tutta la sua autenticità. Talvolta per caso, venendo in contatto con persone o situazioni che evocano quelle parti, ci rendiamo istintivamente conto che potremmo far parte di un mondo diverso, più in linea con la nostra natura, ma neghiamo a noi stessi la possibilità di esplorarla, semplicemente per paura di intraprendere una nuova via.
Nel mio lavoro con le #donne (in studio durante i training di formazione in azienda), ho avuto modo di osservare che tantissima #energia resta bloccata nel giudizio di sé: il cattivissimo #giudiceinteriore, che ciascuno di noi porta dentro, censura ogni variazione sul tema e, molto spesso, è più severo di quanto lo siano gli altri. Se lo facciamo parlare e diamo voce al suo criticismo capiremo da dove hanno origine i suoi condizionamenti. Per alcuni di noi parla con la voce di un padre autoritario che ci mette in secondo piano rispetto ai nostri fratelli, per altri con la voce di una madre frustrata nelle sue aspirazioni e rintanata in un inesorabile torpore.
Per altri ancora condanna idee, aspirazioni, soluzioni, possibilità perché fa più comodo restare nella zona di comfort, non rischiare, non risvegliare l’anima inquieta. Ho osservato con maggior frequenza questo fenomeno nelle donne, sia perché sono il campo di indagine che ho scelto di esplorare, sia perché la montagna di condizionamenti e gli #stereotipi culturali che subiscono da secoli le porta spesso a sentirsi in colpa e, quindi, ad alimentare la paura di non essere all’altezza delle situazioni sfidanti.
Ma gli stessi meccanismi operano anche per gli uomini.
Tutti continuiamo a reiterare schemi superati, perché abbiamo di noi stessi un’immagine che si identifica con le ferite che abbiamo riportato nella nostra infanzia. Crediamo che quella immagine sia tutto ciò che siamo e ci giudichiamo per questo.
Ma non è così.
Se volete provare a modificare questo vostro sentire, vi propongo un esercizio che troverete in calce al Capitolo quattro del libro THE HEALING HOME – La casa che cura. 7 passi per trasformare la tua casa e la tua vita, scritto con Silvana Citterio e pubblicato con Eifis Editore

Prendete carta e penna e dedicatevi del tempo in un posto tranquillo. Sedetevi comodamente e chiudete gli occhi.

• Immaginate di proiettarvi in un futuro vicino o lontano in un momento in cui siete sereni.
• Avete superato con successo una situazione che vi faceva molta paura e ora avete il tempo di riguardarvi indietro e rimirare il cammino percorso.
• Siete orgogliosi di voi e desiderate profondamente ringraziare le parti di voi (le qualità) che vi hanno spronato ad andare avanti e che vi hanno aiutato a portare a casa il risultato.
• Immaginatevi la scena con dovizia di particolari: dove vi trovate, che tempo fa, come siete vestiti, se ci sono persone con voi, qual è il vostro stato d’animo, quali i vostri gesti e cercate di assaporare ogni dettaglio della visualizzazione.
• Restate profondamente in contatto con quel che succede e solo dopo aver sentito, anche nel corpo, quel profondo senso di gratitudine che vi avvolge, aprite gli occhi e scrivete: “Cara… (qualità) desidero ringraziarti dal profondo del cuore, perché….”

Photo by Silvana Citterio

RIPULIRE LA CASA E SBLOCCARE LE ENERGIE – Step 3

RIPULIRE LA CASA E SBLOCCARE LE ENERGIE – Step 3

Il principale ostacolo all’autorealizzazione siamo proprio noi: per trovare un equilibrio tra i bisogni nostri e degli altri, dobbiamo prendere coscienza dei limiti che ci poniamo e valorizzare le nostre potenzialità nascoste.

Genitori con il cuore

Ed eccoci al terzo step del nostro percorso di accompagnamento alla lettura del libro, scritto con Silvana Citterio THE HEALING HOME – La casa che cura  e pubblicato con Eifis Editore.
Questa volta ci occupiamo di un passaggio fondamentale, forse il più importante: ripulire e #sbloccare.
Contrariamente a quanto si pensi, il principale ostacolo all’autorealizzazione siamo proprio noi: per trovare un equilibrio tra i #bisogni nostri e degli altri, dobbiamo prendere coscienza dei #limiti che ci poniamo e valorizzare le nostre potenzialità nascoste.
E lo possiamo fare nel consueto duplice modo: lavorando su di noi e lavorando sulla nostra casa.
Per quanto concerne il lavoro su di sé, il primo passo consiste nel comprendere che ogni comportamento agito ci corrisponde solo in parte e che a quel comportamento si associano sensazioni, desideri, emozioni e pensieri con cui tendiamo a identificarci.
Riconoscere quali maschere indossiamo nei diversi ruoli e quali comportamenti sono consapevoli e quali automatici, ci può aiutare a svelare #potenzialità rimaste nell’ombra ad esprimere pienamente i nostri #talenti.
Ma praticamente, che cosa dobbiamo fare?
Innanzitutto cambiare il paradigma e imparare ad osservarci da un altro punto di vista che chiameremo “il punto di vista dell’osservatore esterno”.
Ampliare lo sguardo, metterci nei panni dell’altro e mantenere un po’ di distacco nell’osservazione delle nostre emozioni e delle nostre azioni è un buon modo per cominciare.
Se partiamo dal presupposto che molti nostri comportamenti, sebbene frutto di abitudini, sono diretta conseguenza della nostra storia, possiamo introdurre anche un po’ di #amorevolezza nei nostri confronti: riconoscere i nostri limiti ci aiuta ad attivare le risorse per superarli.
Cominciamo a chiederci: chi sono io veramente? Che ruolo hanno in me le influenze familiari, sociali e ambientali? In quali situazioni ed esperienze della mia vita mi sento più autentico e più fedele a me stesso? Nella risposta a queste domande risiede una prima importante scoperta: nessuno di noi è veramente cosciente dei suoi comportamenti, finché non si rende conto di essere agito da condizionamenti e di vivere in uno stato di dormiveglia in cui le cose accadono e la vita “ci vive”. Quella che noi crediamo essere la nostra vera ”coscienza”, il nostro vero Sé, è in realtà un insieme di illusioni, credenze e costrutti, che abbiamo messo in campo per difenderci dalla paura di non essere riconosciuti e per adattarci alle richieste del mondo esterno.
Come è possibile che ciò accada? 
Gli studi sulla psicologia evolutiva ci dicono che il bambino, che ancora non ha un’individualità ben distinta, pur possedendo un’autenticità e una spontaneità istintiva, è facilmente plasmabile e influenzabile. Potrebbe così, senza accorgersene, venire man mano a reprimere la sua vera natura e i suoi bisogni, per adattarsi e rispondere alle aspettative degli altri. Riconoscere questo processo ci dà l’opportunità di liberarci dei nostri condizionamenti e di ri-nascere a nuova vita sviluppando, invece, i talenti e le potenzialità represse.
Etimologicamente, infatti, la parola #sviluppo richiama proprio l’idea di “togliere dai viluppi”, di lasciar emergere.
Solo quando comprendiamo che le maschere e i personaggi che ci agiscono sono solo strumenti che noi stessi abbiamo strutturato per proteggerci, possiamo smetterla di identificarci in essi e cominciare a spostarci nel punto di vista dell’osservatore esterno che vede, senza esserne coinvolto, come quei condizionamenti agiscono in noi.
Arriva per tutti un momento della vita in cui è necessario intraprendere il viaggio per tornare a se stessi e un viaggio che non produce trasformazione non è un vero viaggio.
Come esseri umani siamo dotati, infatti, della facoltà di essere contemporaneamente attori e spettatori dei nostri vissuti e solo prendendo consapevolezza dei nostri comportamenti automatici, potremo osservarli, prima, e trasformarli poi.
La consapevolezza dei nostri punti di debolezza conferisce – comunque – potere alla nostra #vulnerabilità, intesa come capacità di percepire le sfaccettature, le zone d’ombra, le sfumature di colore e di suono della vita nostra e degli altri.

E anche per la nostra casa funziona più o meno allo stesso modo: ripulire e alleggerire gli spazi consente di portare alla luce potenzialità inespresse o ancora mal utilizzate dei nostri spazi.
Volete provare a farlo con noi?

Photo by Silvana Citterio

CASA INTERIORE E CASA ESTERIORE – Step 2

CASA INTERIORE E CASA ESTERIORE – Step 2

Vivere e lavorare in un ambiente che ci faccia stare bene è diventato ormai un tema di #sostenibilità. Ce ne siamo resi conto, sicuramente durante i mesi di pandemia, in cui la casa interiore e la casa esteriore hanno finito per coincidere.

Genitori con il cuore
C’è una scienza, l’#epigenetica che ci dice come l’influenza dell’ambiente esterno, in particolare nel caso di eventi particolarmente stressanti, possa arrivare a modificare il nostro #DNA.
La #casa diventa, allora, una rappresentazione simbolica del nostro stato interiore: se disordinata e mal organizzata riflette la nostra confusione e il nostro disorientamento.
Ma può anche diventare fonte di #guarigione.
Nel nostro libro #thehealinghome, scritto con Silvana Citterio e pubblicato con Eifis Editore parliamo anche di questo
In particolare nel capitolo tre del nostro libro Silvana ed io vi spieghiamo come lo spaceclearing e il decluttering, ci aiutino a puli re e riorganizzare lo spazio in cui viviamo, ma anche a trasformare noi stessi.
Ogni volta che decidiamo di rinunciare ad un oggetto che non ci piace o di sostituirlo con uno più funzionale, che decidiamo di cambiare posto ad un mobile o di abbellire un angolo, stiamo già lasciando andare vecchi schemi di pensiero per far spazio a nuove energie e risorse che ci aprano al futuro, a nuove visioni, di noi stessi e della nostra casa.
Analogamente, imparare ad osservare le nostre abitudini di pensiero, i nostri automatismi di comportamento, ci può aiutare a prendere consapevolezza degli schemi che li abitano e a renderli più funzionali ai nostri bisogni e desideri.
Come avviene per la nostra casa, possiamo osservare la complessità della nostra personalità da un punto di vista esterno per iniziare a comprendere quali comportamenti infruttuosi vogliamo trasformare e quali sono le situazioni in cui si manifestano.
Così facendo, possiamo cominciare a riconoscere le nostre dinamiche, il modo in cui funzioniamo.
E pian piano a fare statistica dei nostri comportamenti.
C’è sempre, infatti, un momento in cui abbiamo la possibilità di scegliere il comportamento più adatto alla situazione.
Solo che il più delle volte la nostra libertà di scelta è travolta dall’abitudine.
Il lavoro di osservazione dei meccanismi che ci rendono consapevoli di ciò che proviamo e di allenamento all’utilizzo delle nostre risorse è immane (e dura una vita intera).
Ma è davvero l’unico investimento che frutterà sempre.
Ogni volta che ci sentiamo guidati da un’emozione, che prende il sopravvento, ricordiamoci che noi non siamo solo quell’emozione ma abbiamo la possibilità di gestirla senza esserne travolti e che possiamo imparare a farlo osservando i nostri comportamenti.
Da questa osservazione non può che derivare la consapevolezza che la maggior parte dei nostri comportamenti sia guidata da automatismi, volti a disperdere meno energie possibili.
Le neuroscienze ci dicono, infatti, in diversi modi quanto il nostro cervello tenda a seguire strade mentali già calpestate, per non dover scegliere ad ogni bivio la strada da percorrere. Ma non solo. Abbiamo anche la possibilità di accogliere con amorevolezza le nostre parti più vulnerabili e, abbracciandole senza giudizio, lasciare che si trasformino. Tutti noi tendiamo ad agganciare ad un comportamento un pensiero e un’emozione che continueremo a reiterare tutte le volte che ripeteremo quello schema.
Se ci rendiamo conto che non è più funzionale, prenderne coscienza e provare a modificarlo è un primo passo per fare #puliziainteriore e liberarsi di abitudini mentali ormai superate.
Provate a sperimentarlo con noi, su un piccolissimo spazio o su un singolo comportamento legato ad un’abitudine della vostra quotidianità in casa.
I risultati saranno incredibili!
Questi e molti altri spunti troverete nel libro The healing Home – La casa che cura, 7 passi per trasformare la tua casa e la tua vita che potrete visionare qui

Photo by Silvana Citterio

THE HEALING HOME Osservare con consapevolezza – Step 1

THE HEALING HOME Osservare con consapevolezza – Step 1

Ogni cambiamento comporta una trasformazione nel nostro stato mentale, fisico ed emozionale. E ogni trasformazione, per esserci utile, è un processo che va portato a consapevolezza.

Genitori con il cuore
##Comincia oggi la pubblicazione in 7 passi di un percorso che vi porterà a scoprire insieme a noi come affrontare un cambiamento o una trasformazione voluta o subita, lavorando contemporaneamente su di sé e sulla propria casa.

E’ un percorso attraverso cui vi guideremo alla scoperta del nostro libro The Healing Home. La casa che cura  scritto da me e Silvana Citterio e appena pubblicato da Eifis Editore

Vi guideremo a sperimentare – con noi – come in ogni passaggio la casa costituisca un supporto importante attraverso cui poter lavorare su di noi e come attraverso il lavoro su di noi saremo presto in grado di avere una casa che ci rassomigli, che ci accolga, che ci curi, accrescendo il nostro benessere.

Sappiamo bene che di fronte ai grandi traumi, come una separazione, un lutto o un accadimento che comporti un #cambiamento improvviso e non programmato nella vita, la paura guida ogni nostro comportamento.
L’istinto di rintanarsi, di chiudersi in sé è fortissimo e ha una sua ragion d’essere.
È un modo per metabolizzare il lutto, per lasciare che il corpo, le emozioni e la mente si adattino, con tempi diversi, al nuovo status.

Ma cosa succederebbe se, invece di rinchiuderci in noi, di rintanarci per scappare, utilizzassimo quel tempo per osservare come il cambiamento esterno sta agendo dentro di noi e come ciò sta modificando l’ambiente in cui viviamo?

Se siamo impauriti, confusi o semplicemente preoccupati qual è l’effetto sul luogo in cui viviamo o lavoriamo? Riusciamo ad averne cura e a sentirci centrati o riflettiamo il nostro squilibrio interiore all’esterno?

Che cosa succederebbe, invece, se usassimo quel momento per osservare le nostre emozioni, lasciare loro spazio, restare in contatto con i messaggi che portano, senza volerle “risolvere subito”.

Traslando sul piano esterno, restare in contatto con le proprie emozioni di fronte al cambiamento significa osservare in maniera oggettiva l’ambiente in cui viviamo, come se fossimo degli ospiti che ci entrano per la prima volta.

Questo stato mentale di attivazione dell’osservatore esterno, volto a creare delle pause di pensiero per riuscire – almeno un po’ – a riposare la mente, può essere favorito da una semplice meditazione guidata, come quella che troverete nel libro, al termine del Capitolo Uno.
La #meditazione di #consapevolezza è un esercizio che proviene dalla pratica Integral yoga (Yoga Nidra) e da alcune pratiche che ho appreso nel mio percorso di formazione e coinvolge il riconoscimento di corpo, emozioni e mente come di tre parti separate, ma integrate della visione di sé.
Aiuta, quindi, a rilassare il corpo, a rallentare il pensiero e ad avere una visione esterna del proprio stato del momento, per prendere le distanze dalle emozioni scomode e dai pensieri ruminanti.
Se volete provare, ecco un breve passaggio.

  • Prendete una posizione comoda e chiudete gli occhi.
  • Portate l’attenzione al respiro e osservate l’aria che entra e che esce.
  • Restate semplicemente in silenziosa osservazione del respiro, senza interferire.
  • Se la mente si distrae, riportatela gentilmente al respiro. Concentratevi sul respiro e percepite uno stato di distensione che cresce nella mente e nel corpo.
  • Se osservate la mente, adesso, potrete rilevare che si svuota dai pensieri, che rallentano la loro corsa.
  • Potete osservarli passare come foglie portate dal vento, senza giudizio e senza attaccamento.

Osservate  come vi sentite. E’ cambiato qualcosa nel vostro stato complessivo? E come si sente il vostro corpo?

Osservare con consapevolezza il nostro stato interiore e il contesto in cui viviamo è il primo passo per partire alla ricerca di sé.

Nel secondo step vi spiegheremo come la nostra “casa interiore” e quella esteriore possano dialogare tra loro in maniera evolutiva e aiutarci a mettere le nostre risorse al servizio di una trasformazione utile a stare meglio e ad entrare più profondamente in contatto con noi stessi.

Photo by Silvana Citterio

La vera forza della gentilezza

La vera forza della gentilezza

La pratica della gentilezza è ormai necessaria , non solo come antidoto all’odio diffuso, ma anche come risorsa per il nostro ben-essere, per costruire relazioni feconde, per migliorare efficienza e apprendimento negli studi e nella vita professionale. Ecco il mio intervento all’Aperitivo letterario del 12 novembre 2019 ispirati da La forza della gentilezza di Piero Ferrucci, Mondadori.

Genitori con il cuore

Perché parlare di gentilezza

La gentilezza, diceva Goethe è una catena che tiene uniti gli uomini. Nella sua accezione comune la gentilezza richiama la buona educazione: un insieme di gesti da Galateo che insegnavano i nostri nonni.

Ma questa è una visione riduttiva. Provate a ricordare che cosa avete provato l’ultima volta che qualcuno è stato gentile con voi. Sicuramente vi sarete sentiti visti, riconosciuti nel vostro valore e avrete provato gratitudine nei confronti di quella persona.

E viceversa, cosa avete provato l’ultima volta che siete stati voi gentili con qualcun altro? Il cuore probabilmente si è aperto ad uno stato di benessere e attenzione verso il mondo fuori e avrete percepito connessione con l’altro.

La gentilezza è un ingrediente essenziale per non sprecare il capitale di rapporti umani che possediamo. La gentilezza fa bene a chi la riceve, ma anche a chi la dona.

Anche la scienza ha confermato che le persone gentili stanno meglio e vivono più a lungo.

I teorici dell’evoluzione mostrano che il dna delle persone gentili ha grandi possibilità di riprodursi, mentre i neurologi riscontrano un’attività più intensa nel lobo posteriore superiore temporale del cervello degli altruisti. E il punto è proprio questo: il fatto stesso di essere gentili è il beneficio della gentilezza. E quindi le prove scientifiche potrebbero anche non essere necessarie, anche se legittimano un modello di riconoscimento delle nostre emozioni che ci aiuta a capire come siamo fatti.

Se la nostra natura è quella di essere aperti, disponibili e empatici verso gli altri, oppure no.

La falsa gentilezza

Per parlare di gentilezza dobbiamo sgomberare il campo da tutte le forme di falsa gentilezza.

Non è gentilezza una generosità calcolata, volta ad ottenere vantaggi dagli altri.

Non è gentilezza la manifestazione di rabbia nascosta e non espressa, mascherata falsamente: questo è ciò che gli psichiatri chiamano una “formazione reattiva” ovvero il vestito per contenuti inconsci inaccettabili e, per ciò, adattati.

Non è gentilezza la passività o debolezza, quella di manzoniana memoria del “vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro”.

La gentilezza è, invece, un insieme di qualità sinergiche che possono essere agite singolarmente, ma che hanno ancora più potere trasformativo se agite insieme.

Le qualità di cui ci parla Piero Ferrucci sono innocuità, appartenenza, contatto, fiducia, empatia, calore, gioia, fiducia, sincerità, pazienza, flessibilità, generosità, gratitudine, servizio. Dedicheremo un’attenzione particolare a Innocuità e Gratitudine, la prima perché spesso malintesa nell’accezione comune, la seconda perché è il modo più facile per essere felici.

Innocuità

Ahimsa paramo dharma, diceva Ghandi riferendosi al principio universale della non violenza, tradotto dal sanscrito come Non nuocere è la legge suprema.

Ahimsa è anche il primo degli Yama, le pratiche etiche, le cose da non fare per un sincero ricercatore spirituale che si avvicina allo Yoga integrale. Nella sua accezione di Innocuità, il non nuocere è una capacità di segno negativo, ma non passiva: innocuità è un comportamento attivo che esige un lavoro di autoregolazione e di concentrazione attenta. Richiede intelligenza, consapevolezza, padronanza di sé e bontà d’animo.

“L’innocuità – dice Ferrucci – è la risposta ad una domanda fondamentale che ognuno di noi più o meno consciamente si pone: qual è il mio atteggiamento verso ogni essere vivente: di competizione e confronto? Di giudizio e critica? Di sfruttamento o vittimismo? (…)di paura e sospetto? Oppure di supporto, amicizia, calore e collaborazione? Questa risposta giace nella profondità del nostro essere ed è lì che dobbiamo andarla a scoprire.Il nostro implicito atteggiamento verso gli altri ci accompagna sempre, condiziona i nostri rapporti con gli altri, colora la nostra vita”. Gratitudine

Passando alla gratitudine, siamo sempre colpiti dall’intensità emotiva e dalla bellezza di questo sentimento. Ma il sentimento è solo l’aspetto più visibile della gratitudine. In realtà essa è prima di tutto un’operazione della mente e consiste nel riconoscere valore a ciò che la vita ci offre.

Tutto è perfetto così com’è, dicono gli orientali, anche se adesso non comprendiamo.

“La gratitudine – dice Ferrucci – è per definizione antieroica. Non dipende da quanto io sono bravo o forte o speciale. Anzi è basata sulla mia mancanza e sulla mia capacità di chiedere aiuto. Se non nascondo a me stesso quanto sono vulnerabile e incompleto, allora posso ricevere il beneficio che la vita mi offre ed essere grato”.

Nella relazione, spesso perdiamo questa opportunità perché, per coglierla pienamente dobbiamo accettare ancora una volta di essere senza difese e che la nostra felicità possa dipendere da qualcun altro.

Allora perché la gentilezza è una qualità contro-corrente?

Adam Phillips, in un articolo pubblicato con Barbara Taylor su Internazionale (dicembre 2018) e prima ancora sul Guardian dice “Nella nostra immagine degli esseri umani, la gentilezza non è un istinto naturale: siamo tutti pazzi, cattivi, pericolosi e profondamente competitivi. Le persone sono mosse dall’egoismo e gli slanci verso il prossimo sono forme di autoconservazione.”

La gentilezza è rischiosa, perché abilita un paradigma di dipendenza dagli altri. Per essere gentili, dobbiamo essere in grado di farci carico carico della vulnerabilità degli altri, e quindi della nostra. E ciò, dice Philips è diventata un segno di fragilità.

La società moderna occidentale rifiuta questa verità fondamentale e mette l’indipendenza al di sopra di tutto. Per gran parte della storia occidentale la gentilezza è stata legata alla cristianità, che per secoli ha fatto da collante culturale, tenendo uniti gli individui di una società.

Ma dal cinquecento in poi il comandamento cristiano “ama il prossimo tuo come te stesso” subisce la concorrenza dell’individualismo. Il Leviatano (1651) di Thomas Hobbes considera la generosità cristiana psicologicamente assurda. “Homo Homini Lupus” sostiene Hobbes: l’esistenza è una “guerra di tutti contro tutti”.

L’individualismo è un fenomeno recente, legate alle teorie sul capitalismo e visto come chiave di lettura della società moderna in opposizione al collettivismo. In realtà l’illuminismo, generalmente considerato l’origine dell’individualismo occidentale, difendeva le “inclinazioni sociali” contro gli “interessi privati”.

Anche se il sospetto più radicato nei confronti della gentilezza è che sia solo una forma di narcisismo camuffato, la gentilezza continua a esse­re un’esperienza di cui non riusciamo a fare a meno, sebbene il nostro sistema di valori contemporaneo, contribuisce a far sì che sembri utile in alcune circostanze, ma anche potenzialmente super­flua.

Conclusioni

Nella visione di molti cammini spirituali, ogni persona è tutti gli altri.

Così come in ogni cellula è contenuto il Dna dell’intero organismo, ogni individuo contiene in sé l’umanità intera.

Se siamo in grado di migliorare la vita di qualcun’altro e di accendere una luce nel suo cuore, questa è già una vittoria, una risposta umile e silenziosa alle sofferenze e ai disagi del nostro pianeta. “Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile” Dr Wayne W. Dyer

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